Sarò onesta! Non amo i libri scritti per insegnare ai bambini o ai ragazzi qualche cosa, dal rinunciare al ciuccio al non essere razzisti. Amo ancor meno chi usa libri – o i diari – scritti per raccontare storie, per insegnare. Ho avuto paura che questo libro volesse dire, volesse insegnare.
Niente di più sbagliato!
Pregiudizio mio cui non ho dato ascolto.
Gli zoccoli delle castagne di Barbara Ferraro illustrazioni di Sonia Maria Luce Possentini edito da Read Red Road è una storia bella, poetica e piena che racconta tante cose e, sì, insegna, ma come tutte le narrazioni lo fa “per caso”.
Siamo nella Calabria degli anni Trenta e Lina ha 11 anni. La sua è una famiglia di mezzadri, poverissima. Maggiore di tanti figli, e femmina per giunta, Lina deve badare ai più piccoli e aiutare in casa. È una bambina, Lina e gioca con il fango e l’intonaco che l’umidità ha reso molle. Ci s’imbianca la pelle, Lina con l’intonaco, per mascherarsi e immaginare.
Il suo essere bambina e i suoi giochi sono interrotti dal dover badare ai più piccoli. Lina lo sa e, sebbene a malincuore, abbandona giochi e infanzia per prendere in braccio il fratello.
<<…lo sollevò sistemandoselo su di un fianco con la destrezza di una donna adulta…>>.
È quasi ottobre, anche se Lina non sa che mese è perché si <<accorgeva solo del caldo e del freddo; il tempo era scandito dal grano, dalle patate, dall’uva, dalle olive, dalle castagne. E quello era il tempo delle castagne>>.
Il tempo delle castagne per l’appunto. È il tempo in cui alcuni membri della famiglia per un mese si allontanano da casa per andare a raccogliere le castagne. Un lavoro duro, faticoso che non si ferma neanche quando piove. Quest’anno Lina, bambina, è abbastanza grande da far parte del gruppo, come un adulto. Si va a raccogliere le castagne in silenzio e a testa bassa, con la rabbia trattenuta a stento, soprattutto dai più giovani, perché quello è un lavoro pagato male. I padroni sfruttano i mezzadri che devono abbassare la testa. Come Mimmo che sa di avere ragione ma << le ragioni non pagano, e come gli anni precedenti, il suo stomaco si era stretto, gli occhi si erano abbassati, così come il capo, e le labbra avevano accennato a un flebile ma chiaro sì>>.
Lina ascolta i discorsi degli adulti e ne sente la rabbia e capisce che stanno subendo un’ingiustizia profonda, soprattutto le donne che sono pagate meno di un asino. Una storia bella e poetica in cui la rabbia per lo sfruttamento e la rassegnazione furiosa degli uomini e quella silente delle donne sono raccontate con gli occhi di una bambina che annusa il mondo pieno di odori pieni (anche quelli per noi sgradevoli) e saltella felice quando al gruppo si unisce la cugina Giovanna di poco più grande. Lina è una bambina costretta a lavorare ma il suo sguardo al mondo mantiene quello stupore bambino come quando vede gli animali del bosco o quando scopre dove avrebbero messo le castagne, in quella casuzza il cui pavimento bastava a stento a contenere loro stessi.
C’è tanto in questa storia.
C’è la rabbia di chi è sfruttato e la necessaria rassegnazione che rende ancora più furenti.
C’è l’ingiustizia dello sfruttamento di donne e bambini.
C’è, però, anche la famiglia con i suoi gesti d’amore: la nonna che prepara l’acqua calda per Lina quando rientra dal mese di raccolta e la mamma che ha fatto il sapone mettendoci fiori di lavanda e camomilla per profumarlo. In questi gesti c’è il mondo che Barbara Ferraro racconta: le donne sanno che la loro vita è una vita da doppiamente sfruttate, non possono cambiare il destino di Lina, però possono profumarlo un po’.
Bellissima la figura del padre di Lina. Uomo duro e silenzioso. Rassegnato, ma non del tutto, ha gesti gentili, protettivi e teneri nei confronti della figlia, con la quale gioca e da cui accetta gli scherzi. Una figura gigantesca.
Una storia raccontata anche dallo scandire del tempo senza orologi o calendari, dai suoni (alcuni bellissimi, non ve li svelo, perché trovarli, è stupore) ma soprattutto dagli odori che accompagnano la vita di Lina. Gli odori ci raccontano un’Italia fatta di lavoro e povertà, morte e sangue, ma anche di foglie secche, fiori e abbracci.
La storia di Lina è la storia di tutti i bambini costretti a lavorare. Quelli di ieri come la nonna di Barbara Ferraro, cui la storia è ispirata e quelli di oggi che non vediamo perché invisibili tra gli invisibili. A entrambi l’autrice ha dedicato il libro.
La narrazione scritta è accompagnata e arricchita dalle illustrazioni di Sonia MariaLuce Possentini che con garbo e rispetto fa spuntare quadri bellissimi in mezzo alle parole. Possentini è illustratrice raffinata e attenta, capace di raccontare la realtà senza sconti. Qui racconta una realtà fatta di muri scrostati, occhi stanchi e mele, rendendo ancora più forti e incisive alle parole del testo.
Gli zoccoli delle castagne è nella collana Racconti di Strada della casa editrice Read Red Road.
Nata nel dicembre 2018, Read Red Road, è una casa editrice con la passione per le storie “di strada” fondata da Daniela Girfatti, che nel 2015 aveva già aperto l’omonima libreria a Roma, vicino a Piazza Bologna.
Casertana e cittadina del mondo, Daniela Girfatti ha fatto della sua libreria un punto d’incontro del quartiere e un luogo che guarda di là dai confini. Una casa editrice da tenere d’occhio e una libreria da visitare (la libreria si trova in Via Padova, 51 a Roma).
Mi piacerebbe portare questo libro in qualche classe, leggerlo piano, piano e chiedere ai ragazzi di raccontarmi gli odori e i suoni, condurli a riflessioni per dare voce alla rabbia che Mimmo e Salvatore devono ingoiare. Parlare delle loro rabbie e dello sfruttamento dei lavoratori di eri e di oggi. Delle ingiustizie e di come combatterle concretamente.
Barbara Ferraro, Gli zoccoli delle castagne, illustrazioni di Sonia Maria Luce Possentini, Read Red Road Edizioni, 2020.