Vi svelo un segreto: ho fatto la tesi di laurea su un imbonitore. Una sorta di venditore ambulante che usava tecniche teatrali per attirare i suoi clienti. Sono quindi attratta dalle tecniche con le quali i venditori e gli imbonitori affascinavano il pubblico. Mi spiego, le tecniche d’imbonimento sono una forma di comunicazione molto interessante; il mio venditore era un medico, che uscito dalle accademie polverose nelle quali i medici dell’epoca (siamo alla metà del Seicento) si chiudevano, voleva stare tra la gente per portare la medicina nelle piazze; per vendere i suoi ritrovati, attirava i clienti-pazienti usando il teatro. Racconto questo perché Consumi: la guida per non farsi incantare scritto da Guillemette Faure, illustrato da Adrienne Barman e pubblicato da Il Barbagianni Editore pur non dicendolo in maniera esplicita – e questo è il suo unico limite – racconta come, ciò che nelle epoche preconsumistiche erano tecniche per attirare il cliente raccontando (c’è molto storytelling nelle tecniche d’imbonimento!), in seguito è diventato esclusivamente uno specchietto per le allodole.
Mi preme fare questo distinguo perché il commercio è stato per secoli un modo per ampliare le competenze geografiche e per arricchire le conoscenze artistiche e tra i popoli; i viaggiatori erano dei ponti tra culture e l’artigianato era (ed è!) una forma d’arte e i ciarlatani (termine oggi dispregiativo, non a caso) erano degli artisti, dei narratori (mi piace molto il termine narrabondo) e dei grandi affabulatori.
Oggi, con la globalizzazione e il consumismo, l’artigianato fatica a sopravvivere ed è necessario vendere sempre a tutti e di tutto e le tecniche d’imbonimento sono suoni da pifferaio magico (e non più fascinazione della parola e dell’immagine) che devono i convincerci a comprare un gioco di costruzioni con i pirati per i maschi e uno con il castello delle principesse per le femmine, tanto per fare un esempio. Mi spiace che i bambini e i ragazzi di oggi vedano e conoscano solo questo aspetto e mi piacerebbe offrire loro uno sguardo più ampio.
Sammy, Cesare, Simona e Anna sono quattro ragazzi che stanno organizzando un mercatino di quartiere e si stupiscono della gran quantità di oggetti inutili che hanno accumulato.
Alla domanda <<Ma dove avevamo la testa quando abbiamo comprato tutta questa roba?>>, risponde il signor Buonprezzo, un anziano commerciante della zona, svelando ai ragazzi tutti i metodi con i quali il Mercato crea nuovi bisogni.
Inizia così per quattro ragazzi un viaggio nei meandri del consumismo. Esploso negli anni Cinquanta quando il mondo usciva da due guerre devastanti – che sebbene considerate separate, sono molto vicine – e tutti avevano voglia di ripresa, il consumismo ha preso oggi una velocità preoccupante che ha gravissime conseguenze sull’inquinamento e sul riscaldamento globale.
Ma come si convincono le persone a consumare? Perché Agenore (nome di fantasia) compra l’ennesimo oggetto di cui può assolutamente fare a meno? Perché ci sono decine di marche diverse di qualsiasi cosa?
Consumi: la guida per non farsi incantare lo spiega in maniera dinamica e divertente usando il fumetto. A fare da controcanto al signor Buonprezzo, ci sono alcuni Diabolici figuri che cercano di sedurre i ragazzi (solo loro?) in tanti modi diversi: promozioni a prezzi stracciati (solo per alcuni, pochi articoli), vendite a rate bassissime (ma quanto costa in totale?) oggetti (inutili e che si rompono in pochissimo tempo) messi come regalo per spingere all’acquisto. E se questi erano piccoli escamotage, persino divertenti agli inizi del XX secolo, quando non esisteva tutto questo bombardamento, oggi sono diventati invadenti e subdolamente onnipresenti. Consumi offre una guida che svela i meccanismi del consumo e ci aiuta a diventare consumatori consapevoli cioè consumatori che scelgono (e quindi consumano meno!)
Ho solo un paio di note da fare all’autrice, che mi piacerebbe incontrare per un confronto. La prima è che festività come il Natale, Pasqua e San Valentino, per citarne quelle da lei riportate (potrei aggiungerne altre!), esistono da millenni, ancora prima che il cristianesimo se ne impossessasse; lo scambio di strenne nel periodo che equivale al nostro Natale (intorno al 20 dicembre) era già in uso nell’antica Roma e lo scambio di “Valentine” risale almeno al XV secolo ed è citato, dopo, persino da Shakespeare. Il consumismo le ha strumentalizzate? Sta a noi mantenere il valore del rito (che per me è laico), conservando la ricorrenza e la festa, senza per questo aderire alla parte consumistica.
La seconda nota è che gli album di figurine esistono da molto prima degli anni Cinquanta ed era una pratica di gioco molto amata e ambita dai bambini che incollavano le figurine con la colla di farina, le scambiavano e le vincevano (o le perdevano) a battimuro.
Che cosa voglio dire? Voglio rimarcare che lo scambio di doni, di biglietti e di piccoli pensieri, il cucinare piatti tipici per venderli agli angoli delle strade, il fare collezione di figurine, sono riti laici che appartenevano (e appartengono) alle culture di tutti i Paesi ancor prima che esistesse il consumismo ed è importante che ai nostri bambini siano lasciati. Siamo noi adulti che dobbiamo avere consapevolezza e guidarli, senza sprofondare nel complottismo che vede la frode consumistica ovunque.
Siamo noi adulti che non dobbiamo cadere nelle trappole del consumismo, trascinandoci i bambini.
Per questo considero questa guida ottima per gli adulti che vogliono trovare spunti per dialogare con i ragazzi e con i bambini, per offrire loro uno sguardo critico e per diventare consumatori consapevoli, partendo dall’analizzare chi è l’autrice e perché considera consumistico persino lo scambio di strenne che ha più di duemila anni. è già nella mia bibliografia per l’Agenda 2030.
Guillemette Faure, Consumi: la guida per non farsi incantare, illustrazioni di Adrienne Barman, Il Barbagianni Editore, 2021.