COVER II

Harold nel quadro

Con Un quadro per la stanza di Harold, di Crockett Johnson, tradotto da Sara Saorin, si conclude la serie dei libri che l’artista statunitense ha dedicato alle avventure di Harold e che Camelozampa ha portato in Italia.  Alcuni dei libri sono stati pubblicati dalla casa editrice padovana per la prima volta (La fiaba di Harold, Harold nello spazio, Harold al Polo Nord e Il circo di Harold.), altri come Harold e la matita viola che uscì in Italia nel 2000 per Einaudi (traduzione di Giulio Lughi), è proposto per la prima volta bel suo formato originale e con la traduzione di Sara Saorin.

In Un quadro per la stanza di Harold ancora una volta il nostro beniamino compie un viaggio. Per Johnson il bambino, per conoscere, si avventura nel mondo; traccia il cammino per esplorare, sceglie dove andare e determina la realtà di cui tuttavia subisce il divenire.

Resosi conto che nella sua stanza non c’è neanche un quadro, armato della sua matita viola, Harold comincia a disegnare e si avventura. E se negli altri libri era anche l’unico protagonista, tranne qualche animale, qui, anche se non visti ci sono altri umani. Fortunatamente dormono e non possono vedere Harold gigante addentrarsi tra le case. È proprio gigante Harold! Più alto delle montagne. Arriva quasi agli aerei; quegli aerei che lui stesso disegna e che se non abbassa la testa rischia di colpire. La matita nelle sue mani crea la realtà-mondo, è strumento di  salvezza ma anche oggetto indipendente dalla  volontà di Harold. La matita suscita stupore, crea meraviglia e mette in difficoltà.

<<Era un gran lavoro per un bambino così piccolo.>>.

A un tratto Harold, mentre gigante si aggira tra le montagne,  si rende conto di essere diventato piccolo. Si è rimpicciolito? Il mondo che è diventato gigante? Johnson non lo dice; dice <<e tutto a un tratto si rese conto di quanto era diventato piccolo>> (neretto mio), talmente piccolo  da essere <<… alto metà di una margherita!>> e rischia di cadere nella tana di un topolino.

Come tornare a casa, così piccolo? Harold riflette: in fin dei conto è lui a muovere la matita viola che di-segna. Se può disegnare, può anche cancellare, e poi decidere, disegnando la porta di casa, di tornare nella sua stanza. Nuovamente rimaniamo incantati davanti alla capacità visionaria di Harold-Crockett di di-segnare il mondo che è il frutto della sua narrazione/visone e di avere la consapevolezza che quel mondo lo subiamo mentre lo creiamo.

Come nelle altre avventure di Harold, Crockett Johnson usa lo spazio bianco della pagina narrativamente. Se nei suoi fumetti, grazie all’uso geniale della macchina da scrivere per le frasi dei balloon, restringe gli stessi e ampia lo spazio “vuoto”, con Harold lo spazio della pagina è nella storie. È la storia!

Per artista statunitense i bambini hanno un approccio filosofico alla vita e il mondo e la realtà sono generati dall’atto di guardare e di agire. Harold è guidato da una forte autodeterminazione ed è sia creatore sia esploratore stupito e curioso del mondo nel quale si avventura. Questo fa degli albi di Harold dei trattati di filosofia visiva.

Concludo con due osservazioni.

Harold inizialmente non disegna un quadro ma semplicemente comincia a disegnare ciò che lui pensa/immagina stia nel quadro, sarà al suo ritorno che traccerà la cornice per poi disegnare.

Le avventure di Harold ( e un po’ tutta la produzione di Johnson) sono, a mio parere, anche una grande metafora dell’atto creativo dell’artista che è agente dell’opera d’arte e agito dalla stessa.

Crockett Johnson, Un quadro per la stanza di Harold, traduzione di Sara Saorin, Camelozampa, 2023

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