Pam Smy ha la capacità di narrare la vita usando la suspance e il thriller.
In Il nascondiglio riesce a creare tensione e paura intorno a una storia di violenze domestiche. E lo fa senza banalizzare.
Come in Thornill (Uovonero, 2017) il racconto è affidato alla parola e alle immagini.
Billy è stanco di farsi piccolo, piccolo e di cercare di non esistere per non scatenare le violenze del compagno della madre. Vorrebbe tornare a prima, quando erano solo loro due, felici, sorridenti e con la casa sempre in disordine per il tanto giocare. Ora non più. Anche Grace, la madre vorrebbe, ma è immobilizzata dalla paura e dall’incapacità di reagire.
Billy ha tredici anni e non ne può più. Decide di scappare e di nascondersi in un vecchio bunker la cui apertura è nascosta da fitte edere e dà sul cimitero. È il 30 ottobre, presto sarà Halloween. A lui non importa. Ben nascosto nessuno lo noterà.
Nuovi amici, un vecchio che va a pulire le tombe per prepararle al 2 novembre, una madre che di fronte alla scomparsa del figlio prende coraggio e dei vicini che non si girando dall’altra parte, fanno de Il nascondiglio un romanzo a lieto fine, pieno di concetti importanti.
La durezza delle violenze sulle donne che l’autrice racconta senza censure è mitigata dalla tenerezza di quel mondo di trapassati che ci portiamo dietro in quanto umanità e che Smy racconta attraverso la narrazione illustrata e le lapidi sulle quali si sofferma Billy.
Pam Smy, Il nascondiglio, traduzione di Sante Bandirali, Uovonero, 2021